di Nicola Pisetta
Un comune prossimo al confine: ieri nazionale, oggi regionale. Chiunque, sulla tratta da Trento a Feltre, passa per Arsiè, il primo centro abitato bellunese dopo lo svincolo di Primolano.
Nella povertà di un borgo di passaggio per i commercianti che si spostavano dal Veneto all’Europa Centrale attraverso il Brennero e lontano dalle grandi città, Alpina Angela Bassani nacque nel 1880.
Lo speciale nome con cui venne chiamata alla nascita, capace di rievocare l’ambiente che circonda la val Cismon, nel corso della vita subirà delle modifiche: Alpina Angela era il nome ufficiale, presente anche negli atti di matrimonio.
Albina, invece, il suo nomignolo e utilizzato nella firma. Alvina, probabilmente, sulla tomba.
Proveniente da una famiglia nullatenente composta da manovali e contadini, conobbe, presto, una vita migratoria: sin da giovanissima si trasferì, coi genitori e i numerosi fratelli, in Svizzera.
Arsiè le diede, dunque, i natali ma per molto tempo non figurava come una passeggera sul Titanic di origine bellunese, bensì romana: fu per una coincidenza cruciale legata al suo imbarco.
Claudio Bossi è uno storico varesino e tra i maggiori esperti al mondo della storia del Titanic.
Dal 1985, anno del ritrovamento del relitto negli abissi dell’Atlantico, ricostruisce con
passione ogni istante e ogni storia del più famoso Transatlantico di sempre, soprattutto attraverso gli archivi inglesi, statunitensi e canadesi.
Il suo lavoro, in poche parole, è un profondo oceano di conoscenza della nave!
Grazie a lui, possiamo certificare la reale origine natia di Alpina Bassani e ricostruirne la storia biografica.
Chi era Alpina Bassani?
«Alpina Angela Bassani nacque ad Arsiè il 24 maggio 1880, figlia di Antonio Bassani e di Pietra Fusinato. Emigrati tutti insieme in un primo momento in Svizzera, la famiglia decise di trasferirsi nuovamente, alla volta degli Stati Uniti, nei primi anni del ‘900. Per stabilire le origini di Arsiè e gli spostamenti successivi è stato determinante, per me, consultare gli archivi dei registri degli arrivi dall’Europa a Ellis Island, incrociando ogni dato a disposizione. A New York, però, non si trova il nome della giovane figlia Alpina: quest’ultima scelse infatti di non partire, restando molto probabilmente in Svizzera».
Per quale motivo?
«Sappiamo un paio di informazioni determinanti: si era sposata da poco in Svizzera, nel canton Argovia, con un signore di cui non conosciamo praticamente quasi nulla. Ebbe due figli ma il marito, dopo cinque o sei anni, morì prematuramente, lasciandola vedova molto giovane. A quel punto, entra in scena di nuovo il Veneto: Alpina conobbe a Padova una ricca signora americana, Emma Eliza Ward vedova Bucknell, la cui figlia Margaret sposò un italiano, il Conte Daniele Pecorini. Vedendo la difficile condizione economica di Alpina, la assunse come domestica, probabilmente a metà del 1911: successivamente, la signora Bucknell Ward si spostò, con la figlia o al seguito della figlia, a Roma. Ecco spiegato il motivo per cui Alpina venne registrata come passeggera romana. Da lì, Alpina Bassani e la sua datrice di lavoro partirono alla volta di Cherbourg, Francia, dove salirono sul Titanic proveniente da Southampton, Inghilterra. Alpina Bassani, quell’anno, aveva 32 anni».
Prima di salire sul Transatlantico, chi era Emma Ward?
«Era figlia di missionari in India. Da giovane si sposò con un uomo d’affari americano, William Bucknell, proprietario di alcune miniere per l’estrazione del ferro e del carbone, ed ebbe quattro figli. Il marito, con la cospicua somma di denaro, divenne col tempo un filantropo e sostenne finanziariamente le opere pubbliche di Philadelphia. Morto nel 1890, l’università della città decise di intitolargli l’università, ancora oggi chiamata Bucknell University. La signora Bucknell Ward, in seguito, viaggiò frequentemente tra gli Stati Uniti e l’Italia in visita alla figlia».
Il Titanic poi salpò…
«Arrivate a Cherbourg, Emma Bucknell Ward spese circa 80 sterline per il biglietto di prima classe ed era valevole sia per lei che per Alpina Bassani. A bordo, viaggiavano nel Ponte D, uno dei livelli più alti della nave: Emma alloggiò nelle lussuose stanze della prima classe, Alpina nella piccola cabina adiacente, costruita appositamente per le domestiche e i maggiordomi. La servitù viveva una vita riservata ed era chiaramente lontana da quella eclatante dei ricchi passeggeri. È importante sottolineare, anche, che Alpina Bassani, in quanto domestica, non figura nell’elenco dei passeggeri: chiunque lavorasse al servizio delle persone più ricche non godeva di una propria dignità. Sulla lista, risultava semplicemente in inglese come maid: un avvilente, diremmo, “Emma Bucknell con la sua domestica”».
Che cosa sappiamo della tragica sera del 14 aprile 1912?
«Alpina ed Emma sopravvissero. Dopo la lunga giornata di lavoro, Alpina andò a letto abbastanza presto, intorno alle 22.30. Si era addormentata e fu svegliata da ciò che lei stessa definì, nella successiva ricostruzione del naufragio a New York, “un rumore raschiante, di diversi secondi, proveniente dal fondo della nave”. Si era rivestita, avvertì la sua padrona, si informarono dei fatti dal personale di bordo e dalla capitaneria: in un primo momento, sembrava tutto rassicurante. Qualcosa, però, nel crescente trambusto non quadrava: come da indicazione, indossarono entrambe il giubbotto di salvataggio e salirono sul ponte imbarcazioni situato a quattro livelli di nave sopra il loro settore. Dalle testimonianze che rilasciò negli Stati Uniti, Alpina parlò dei sintomi di nausea e di paura che subito percepì quando scoprì, ben presto, che il Titanic non era quella nave inaffondabile tanto millantata alla stampa dalla White Star Line. Le bastò assistere alle prime scialuppe calate nell’Atlantico, per capire l’effettiva realtà».
Su quale scialuppa si imbarcò?
«Sulla numero 8, diretta dal marinaio Thomas Jones. Venne calata intorno all’una, circa un’ora e quaranta minuti dopo l’urto con l’iceberg. A bordo salirono solo 28 persone sui 65 posti disponibili, tutte donne di prima classe con alcuni uomini dell’equipaggio. Le persone sull’imbarcazione, poi, furono tutte tratte in salvo dalla Carpathia alle sette. Ogni scialuppa ha la sua storia da raccontare ed è possibile consultarla dal mio sito».
Il viaggio sul Carpathia?
«Alpina parlò positivamente dell’accoglienza ricevuta. Ringraziò a più riprese l’equipaggio e i passeggeri per l’aiuto che le venne offerto. Tanti dei sopravvissuti furono ospitati, a titolo volontario, nelle cabine occupate dai clienti del Carpathia, ricevendo il letto e, nel limite del possibile, l’assistenza necessaria».
Come fu, per Alpina Bassani, l’arrivo a New York?
«A sorpresa, si licenziò subito da Emma Bucknell Ward. Fu chiamata a testimoniare e dovette recuperare i soldi dei beni perduti nell’affondamento presentando la domanda di dichiarazione delle sue proprietà: dichiarò qualche piccolo gioiello, qualche soldo, qualche abito e altri articoli da viaggio di poco conto. Sommando ogni oggetto, ad ogni modo, il valore ammontava a quasi tremila dollari, una cifra allora di rilievo per una domestica: il risultato? Non vide, ovviamente, alcun dollaro di risarcimento dalla White Star Line. Quello che ricevette, una sola volta, fu un sussidio di 100 dollari dalla Croce Rossa americana: in poche parole, un fondo di carità”.
Come proseguì la sua vita?
«Dopo le dimissioni da Emma Bucknell Ward ricominciò una nuova vita negli Stati Uniti: lavorò per conto di un militare, probabilmente un colonnello. Si risposò ed ebbe altri figli. Non sappiamo, invece, la fine dei primi figli avuti in Europa ma ciò che possiamo confermare è la data del decesso: Alpina Angela Bassani morì nel Massachusetts il 23 luglio 1960 e sulla propria tomba, probabilmente, venne inciso il nome di Alvina».
Tra i passeggeri, qualcuno proveniva dall’Impero Asburgico di madrelingua italiana?
«Nel 1912 siamo ancora nell’età degli imperi: si saliva da austriaci, qualunque lingua si parlasse in quel vasto territorio. La presenza, comunque, di trentini o di triestini a bordo è ancora oggetto di studio ma posso assicurare, invece, la provenienza dall’Istria (curiosamente, per collegarci alla domanda, la nave che corse in soccorso al Titanic, la Carpathia, stava seguendo la tratta da New York a Fiume). Come nel caso dell’Impero Asburgico, lo stesso discorso valeva per un libanese o un giordano, allora appartenenti all’Impero Ottomano nella regione interna della Grande Siria. Ciò che inganna, sulle origini, sono i nomi e i cognomi: al museo del Titanic di Belfast è possibile consultare, dai computer, quanti italiani ci fossero a bordo. La lista si rifà ai nomi e cognomi di dizione italiana ma non specifica la cittadinanza: potrebbero, quindi, esserci tra loro svizzeri ticinesi, austriaci di lingua italiana o anche i figli naturalizzati altrove discendenti dai genitori emigrati dall’Italia».
Quanti erano gli italiani a bordo certificati?
«Quelli che ho certificato sono finora 41. Di questi, 31 lavoravano a bordo presso il ristorante À la carte, gestito in prima classe dall’imprenditore italiano Gaspare Antonio Pietro Gatti, originario del pavese. Gli altri 10, invece, erano i normali passeggeri. Tra gli italiani, sopravvissero solo 4 persone. Oltre ad Alpina, riuscì a salvarsi anche Argene Genovesi, 26 anni di Montecarlo (Lucca), che perse quella notte il marito Sebastiano Del Carlo, 29 anni: una sua figlia, Neva, nata tanti anni dopo la tragedia da un secondo matrimonio, è ancora viva, ha 93 anni e vive a Villafranca di Verona».
IL TITANIC: DAL LUSSO AL LUTTO NEL GIRO DI POCHE ORE
L'RMS Titanic è stato un transatlantico britannico della classe Olympic, divenuto celebre per essere naufragato nelle prime ore del 15 aprile 1912, durante il suo viaggio inaugurale, a causa della collisione con un iceberg. Secondo di un trio di transatlantici, il Titanic, assieme ai suoi due gemelli RMS Olympic e HMHS Britannic, era stato progettato per offrire un collegamento settimanale di linea con l'America e garantire il dominio delle rotte oceaniche alla White Star Line. Costruito presso i cantieri Harland and Wolff di Belfast, il Titanic rappresentava la massima espressione della tecnologia navale del tempo ed era il più grande e lussuoso bastimento del mondo. Durante il suo viaggio inaugurale (da Southampton a New York, via Cherbourg e Queenstown) ebbe una collisione con un iceberg alle 23:40 (ora della nave) di domenica 14 aprile 1912, evento che provocò l'apertura di alcune falle sotto la linea di galleggiamento, allagando i primi cinque compartimenti stagni, il gavone di prua, tutte e tre le stive postali e il locale della caldaia 6 del transatlantico. L'allagamento, 2 ore e 40 minuti più tardi, provocò l'inabissamento della nave (alle 2:20 del mattino del 15 aprile), facendola spezzare in due tronconi. Nel naufragio persero la vita 1518 persone, compresi i membri dell'equipaggio; solo 705 persone riuscirono a sopravvivere, 6 delle quali furono salvate fra la gente finita in acqua. L'evento suscitò enorme sconcerto nell'opinione pubblica e portò alla nascita della Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare, nota come SOLAS.