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Andrea Agresti: «Non faccio soltanto la Iena»


Andrea Agresti




Il popolare inviato delle "Iene", noto per la sua capacità di stanare i "furboni" e inchiodarli alle proprie responsabilità grazie alla battuta sempre pronta e salace, è anche autore di canzoni, colonne sonore e libri...

di GIUSEPPE FACCHINI


Andrea, com'è iniziata la tua carriera artistica? «Sui banchi di scuola. Alle superiori scrivevo aforismi. A 14 anni suonavo nella band I dipinti a mano. Eseguivamo canzoni demenziali, scritte da me e dal batterista. Ho sempre avuto la passione per la musica; la usavo anche per far ridere le persone nell'intrattenimento. Per pagarmi gli studi universitari cominciai a lavorare in una radio locale e in una Tv regionale».

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Quali le tappe fondamentali del tuo percorso televisivo?

«Nel 1996/97 lavorai per RTV38, l’emittente più forte della Toscana, che copre anche il Centro Italia, con la trasmissione Per la strada Vincenzo. Fu la mia prima esperienza da professionista, seguita da Ufficio reclami, il trampolino di lancio. Così nel 1999 diventai inviato a Striscia la notizia, poi due passaggi con le trasmissioni di Carlo Conti come I raccomandati nel 2003, grazie al quale ho fatto 8 anni di prime serate su RaiUno; nel 2004 il passaggio più importante di tutti con Le Iene, la trasmissione più longeva e programma di punta di Italia Uno. Ma se devo fare la classifica delle trasmissioni più belle cui abbia partecipato, in vetta metto sicuramente Tale e quale show. Non avevo mai fatto imitazioni in vita mia, solo qualche parodia. Mi sono classificato terzo senza aver mai fatto nulla in quel campo; una vera sorpresa e ho potuto anche sguazzare nel mondo della musica, che da sempre mi accompagna nella vita».


Hai scritto colonne sonore, canzoni, libri... Una versatilità che non tutti conoscono...

«La composizione che mi piace è quella legata al lato creativo della musica. Ho scritto colonne sonore di spettacoli teatrali, ma anche dischi per gruppi di liscio. Ora che sono meno giovane, cerco di colmare quelli che erano i miei interessi di gioventù. Due anni fa, ad esempio, da fan dei Timoria ho fatto un tour con Omar Pedrini, il sogno di una vita».


Ci parli del mondo de "Le Iene", come funziona la trasmissione?

«Io appartengo al sacro ordine dei creativi e quando sono arrivato a Le Iene, la trasmissione si basava sulla creatività, sull’idea, sull’invenzione, un po' come una redazione giornalistica. Si cercava di decifrare quanto c’era in giro, in TV o sui giornali, e s'inventavano i servizi con idee e provocazioni. Oggi la trasmissione è più legata alle inchieste; quando arriva una segnalazione si deve appurare che sia buona, si fanno le indagini, si verifica ciò che è legato a quella storia, raccogliendo informazioni, intervistando persone. Poi l’intervista al “cattivo” di turno con domande che vanno rivolte in base alle malefatte, e via via fino alla messa in onda».

Qual è il segreto di un programma così di successo e per lungo tempo?

«Siamo stati unici e rari per tanto tempo, solo noi eravamo in grado di fare certe cose. Abbiamo anche molto azzardato, ci siamo spinti come i Sex Pistols per la musica tradizionale, distruggendo tutti i canoni, inventando un genere. Abbiamo il coraggio, o l'incoscienza, di rivolgere domande scomode, anche ai politici, che tanti non riuscirebbero a fare. Ora siamo bravissimi anche a riaprire casi irrisolti. C’è un'evoluzione continua, che ci porta a fare bene tante cose. Prima facevamo più ridere, ora siamo più seri. Siamo scomodi, non siamo apprezzati da tanti, ma per noi rimanere antipatici è un grande onore».


Hai corso qualche rischio?

«Io preferisco due cazzotti in faccia, perché almeno in due secondi uno se li piglia tutti. Quando invece arrivano querele, tra udienze in tribunale e testimonianze, sono lunghe da gestire».


Com'è il tuo rapporto con la rete i social network?

«Non molto buono, un po' mi spaventano perché penso che, anziché avvicinare le persone, allontanino in modo esagerato le comunicazioni interpersonali. Difatti non vedo mai un gruppo di ragazzi al parco che gioca a palla come si faceva una volta; ora ognuno è chino e fa i c… propri sul telefono. Questo, da babbo, mi fa paura, anche se la rete offre possibilità che una volta non esistevano. La parte ludica dei social mi piace, non apprezzo la vita messa in piazza. Sui social io parlo solo di musica, di sport, di lavoro, mai della mia sfera personale».


Conosci il nostro territorio, hai qualche ricordo legato al Trentino ?

«Sono pigro e lavorando in giro per l’Italia tutto l’anno, quando mi fermo mi piace stare a Milano con moglie e figli e la vacanza preferita è andare nella casa in Toscana a Pistoia, dove al massimo esco in giardino o per la spesa. Ogni tanto, con tre amici, m'intrufolo 4-5 giorni nella macchia della Garfagnana e giro tutti i boschi. Io sono un grande appassionato di trekking, escursioni e camminate e mi garberebbe una vacanza di quel genere in Trentino, che conosco poco, ma dove sono stato ho visto paesaggi strepitosi, dove posi gli occhi vedi solo bellezze... e tante mele. Poi ho un bel ricordo di una serata in Trentino insieme ai Nomadi».


Cosa ti aspetta nell’immediato futuro?

«Assieme a Giorgio Vanni sono in tour con lo spettacolo La iena e il drago, dove in due ore scorrono 45 anni di cartoni animati con tutte le sigle dagli anni '70 in avanti. Ho pubblicato il mio secondo libro Blister di sapienza. Gli avamposti della cultura. Dopo il singolo Qui tutto si può è uscito il mio quarto album in studio Troppa trama. Un'invenzione bisogna sempre farla, brutta o bella che sia, perché mi dà soddisfazione, mi tiene attivo e sveglio, altrimenti mi spengo».



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