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Capodanno non sempre arrivava il 31 dicembre e S. Silvestro non c'entrava nulla con la festa, ma...


Il 31 dicembre festeggiamo San Silvestro con la giornata – quest'anno a parte, per via del Covid – più chiassosa dell'anno. Una vera contraddizione in termini, perché questo Santo era conosciuto per la sua riservatezza e, soprattutto, rimangono ignoti i giorni esatti sia della nascita che della morte. Eppure è il Santo che ci accompagna da un anno all'altro perché...


di JOHNNY GADLER

Il Capodanno e l’uomo dei boschi

Il Capodanno è una delle tante feste popolari in cui morte e nascita si confrontano, dando origine ad un nuovo ciclo della vita. Non a caso uno dei proverbi più diffusi della tradizione orale è proprio: «Anno nuovo, vita nuova».

Le ore in cui l’anno vecchio muore e se ne va, lasciando spazio a quello nuovo, sono conosciute come la Notte di San Silvestro, sinonimo – almeno fino all’anno scorso – di feste, danze, milioni di bottiglie di spumante stappate allo scoccare della mezzanotte dopo il rituale conto alla rovescia, scandito secondo per secondo… E poi un vorticoso susseguirsi di baci, abbracci, schiamazzi, botti e fuochi d’artificio in ogni dove.

Di per sé una bella contraddizione in termini, perché Silvestro in latino significa “abitatore delle selve”, “uomo dei boschi” o “selvaggio”, figura che di certo mal si concilia con la notte più mondana e chiassosa dell’anno... e non soltanto a Napoli.

Nelle Ricordanze della mia vita, lo scrittore Luigi Settembrini ci offre uno spaccato significativo circa il modo in cui i Napoletani vivevano tali festività ancor prima dell’Unità d’Italia: «Come se fosser poche le grida del giorno, per tutta la notte si ode lo sparo di fuochi d’artificio, che dai balconi si gettano su la via, non importa se cadono in capo a qualche povero diavolo che passa digiuno. Una volta questi mi parevano costumi barbari e avrei voluto distruggerli, oggi mi piacciono, e so che sono antichissimi».

Eravamo in pieno Ottocento e ora – alla fine del secondo decennio del XXI secolo – tali scene sarebbero ancora la consuetudine se quest’anno non fosse spuntato il Covid a rendere tutto più silenzioso, con buona pace dello schivo Silvestro.

Gli usi e i costumi di fine anno, dunque, stridono non poco con l’etimologia di “Silvestro”, ma anche la storia del santo che ne portò il nome non appare del tutto priva di incongruenze.

San Silvestro, ma chi fu costui?

Sebbene San Silvestro si festeggi il 31 dicembre, il giorno preciso della sua morte è ancora sconosciuto. Ma allora, perché mai la Chiesa lo ricorda proprio l’ultimo dell’anno?

Come sovente accade in questi casi, la risposta va cercata in ragioni prettamente simboliche. Difatti, se la data del 31 dicembre appare l’emblema del vecchio che lascia il posto al nuovo, allo stesso modo il papato di Silvestro I (314- 335) rappresentò, secondo una tradizione poi rivelatasi infondata, l’avvento di una nuova epoca per il Cristianesimo: l’uscita dalle catacombe e l’inizio della vittoria sul paganesimo.

Il merito del nuovo corso, tuttavia, non era da attribuirsi al pontificato di Silvestro I, bensì alla politica dell’imperatore Costantino che già nel 313, con l’Editto di Milano, aveva sancito il riconoscimento della religione cristiana, senza per questo abbracciarne il credo. Costantino, infatti, fu battezzato soltanto in punto di morte nel 337 e per giunta da un vescovo ariano.

Ciò nonostante, per molto tempo si dette credito alla versione secondo cui sarebbe stato papa Silvestro I ad amministrare il battesimo a Costantino, addirittura nel 315. A suffragare tale clamorosa conversione concorsero numerose leggende, tra le quali una molto radicata a Poggio Catino, piccolo borgo agricolo della provincia di Rieti. Si racconta che qui, nel IV secolo d.C., vi fosse un terribile drago che teneva in scacco la popolazione. L’imperatore Costantino, informato di tale mostruosa presenza, avrebbe interessato del caso papa Silvestro I, il quale sarebbe intervenuto neutralizzando il drago.

In questo racconto non è difficile riconoscere nella figura del drago il paganesimo, mentre i 365 gradini da percorrere per raggiungere la sua tana, semplicemente alludono al numero dei giorni del calendario romano.

La grande fama – peraltro immeritata – di san Silvestro deve anche fare i conti con tradizioni assai meno favorevoli, come quella siciliana dove il Santo è spesso ricordato quale patrono dei cornuti. La ragione di tale curiosa usanza è avvolta nel mistero, né pare sufficiente a giustificarla il fatto che – a quanto si dice – la sorella di Silvestro I fosse una donna dai costumi tutt’altro che casti.

In altre parti d’Italia, invece, l’epiteto di patrono dei cornuti spetta a San Martino, il cui onomastico, guarda caso, cade proprio nel giorno in cui un tempo si celebrava il Capodanno contadino.


E se il Capodanno arriva l’11 novembre?

L’11 novembre la Chiesa ricorda Martino vescovo di Tours (IV secolo d.C.), fondatore del monachesimo occidentale. Il culto di San Martino, secondo la tradizione, si sarebbe diffuso dall’area gallica, regione anticamente abitata da popolazioni di origine celtica, abituate a festeggiare il Capodanno agli inizi di novembre. Per convertire al cristianesimo tali genti, si pensò dunque di trasformare la festa in onore del Vescovo di Tours nel nuovo Capodanno contadino.

Il giorno di San Martino, oltre a sancire tale ricorrenza, in seguito fu assunto anche per decretare l’avvio dell’anno giudiziario, per la ripresa delle scuole, per lo svolgimento delle elezioni e per il rinnovo dei contratti annuali di mezzadria, momento che veniva salutato con festeggiamenti e abbondante consumo degli alimenti tipici della stagione, quali caldarroste innaffiate con del buon vino novello.

È sufficiente questo singolo elemento per far nascere un sospetto, dietro cui si cela una grande verità: non sempre, e non ovunque, il Capodanno si festeggia il primo gennaio.


Il Capodanno nel mondo antico

Presso gli antichi Egizi l’anno cominciava il giorno in cui la stella Sirio appariva all’orizzonte al levar del sole, cioè il 15 giugno, data che più o meno coincideva con l’inizio della piena del fiume Nilo.

Ad Atene, invece, era la luna nuova dopo il solstizio d’estate a decretare il principio di un nuovo anno, mentre a Sparta il momento del Capodanno si spostava verso l’equinozio d’autunno.

Diametralmente opposta era l’usanza degli Etruschi, che facevano iniziare l’anno a marzo. Per alcuni secoli anche i Romani festeggiarono il Capodanno il primo marzo, in coincidenza con i matronalia, una festa molto antica dedicata alle donne sposate nate libere (matronae). Quel giorno, infatti, ricorreva l’anniversario dell’inaugurazione del tempio di Giunone Lucina, monumento eretto sull’Esquilino in onore della dea dei nascituri.

Poi il Capodanno fu anticipato a gennaio, mese dedicato a Ianus (Giano), divinità cui si attribuiva il principio di ogni cosa, sia nel tempo che nello spazio.


A ciascuno il proprio Capodanno

L’usanza di festeggiare il Capodanno in una data diversa dal primo gennaio fu più diffusa di quanto si possa immaginare e, in molte aree del mondo, continua tuttora.

Nell’XI secolo, ad esempio, il re di Francia festeggiava il Capodanno il primo marzo, ma nelle regioni dell’Angiò e del Poitou il primo giorno dell’anno coincideva con il 25 dicembre, cioè con il Natale (consuetudine peraltro assai diffusa anche in Germania e in Inghilterra). Però nell’Abbazia di Saint-Benoit-sur-Loire si festeggiava il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione.

Nel XIII secolo l’anno religioso cominciava a Natale, ma l’inizio di quello civile variava da città a città: a Firenze e a Pisa, come in molti altri luoghi d’Italia, la data prescelta fu il 25 maggio, giorno dell’Incarnazione.

Alla fine del ‘700, nella Francia repubblicana, l’inizio dell’anno fu invece spostato al 22 settembre.


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