di SILVANA POLI
Nel 1348, mentre una terribile pestilenza dilaga in Firenze, Giovanni Boccaccio immagina che dieci giovani lascino la città per evitare il contagio e trovino alloggio in una villa sui colli fiesolani cercando di non pensare alla calamità. Per distrarsi, decidono di occupare il tempo narrando delle storie. Ogni giorno uno dei giovani stabilisce il tema delle novelle di quella giornata.
Il protagonista di questa vicenda è Chichibio, un cuoco veneziano che lavora al servizio di Currado Gianfigliazzi, nobile fiorentino.
Un giorno Currado va a caccia con un amico e cattura una gru, giovane e grassoccia. Rientrato a casa la affida a Chichibio con l’ordine di cucinarla per cena.
Chichibio si mette all’opera e, qualche ora dopo, il fragrante profumo dell’arrosto irrompe nella via solleticando il palato dei passanti. E infatti, di lì a poco arriva Brunetta, la fanciulla di cui il cuoco è innamorato. Lei, ammiccando, chiede a Chichibio di poterla assaggiare: vorrebbe mangiare la coscia. Chichibio però, deciso, respinge la richiesta.
La donna allora, con sguardo seduttivo e ammaliante, risponde con una velata minaccia:
«In fede di Dio, se tu non la mi dai, tu non avrai mai da me cosa che ti piaccia».
Le parole della donna sortiscono l’effetto sperato: Chichibio si arrende e le regala la coscia.
Alla sera il cuoco, con aria indifferente, serve in tavola la gru. Currado però si accorge subito dell’assenza e chiede conto della coscia mancante.
Il cuoco allora risponde, con aria saputa, che le gru, si sa, hanno solo una coscia e una zampa.
Currado non vuole replicare, per rispetto al suo ospite; ma non intende neppure lasciar correre una risposta tanto insolente e rimanda al giorno dopo la resa dei conti.
Chichibio intanto, consapevole dell’ira repressa del padrone, spera che il vino e la buona compagnia possano distrarlo. Ma, al mattino successivo, all'alba, Currado fa sellare i cavalli e sveglia il cuoco: vuole vedere le gru con una sola zampa. «Tosto vedremo chi avrà iersera mentito, o tu o io».
Il cuoco sale a cavallo in preda al terrore perché si rende conto quanto il padrone sia furioso; inquieto, si guarda in giro, lungo il fiume, cercando delle gru assopite.
Le gru, infatti, mentre dormono rimangono appollaiate solo su una zampa.
La paura del cuoco si attenua solo quando scorge alcune gru che sonnecchiano: «Assai bene potete, messer, vedere che iersera vi dissi il vero, che le gru non hanno se non una coscia e un piè.»
Currado allora ribatte: «Aspettati, che io ti mosterrò che elle n’hanno due» e si avvicina, gridando «ho ho» agli animali appisolati. Ovviamente le gru, svegliate di soprassalto, distendono l’altra zampa e scappano.
Currado allora chiede al cuoco di contare le loro gambe, ma Chichibio, arguto, risponde:
«Messer sì, ma voi non gridaste “ho ho” a quella di iersera; ché se così gridato aveste, ella avrebbe così l’altra coscia e l’altro piè fuor mandata, come hanno fatto queste.»
La risposta di Chichibio coglie Currado di sorpresa e gli provoca una fragorosa risata: la tensione si scioglie, Chichibio tira un sospiro di sollievo e i due tornano a casa pacificati.