di LINO BEBER
Questa volta il poeta Claudio di Canezza, maestro elementare in pensione e apprezzato autore, oltre che di poesie, di commedie, di racconti, di libri di storia, ritorna a noi con una raccolta di scritti poetici che iniziano con una raccolta di 41 Cantos della Terra di Trento seguiti da ben 134 poesie che nella sua fervida fantasia sono scritte sotto lo sguardo di Celestino V.
Per i Cantos si è ispirato nel titolo a “I Cantos” del poeta statunitense Ezra Pound (1885-1972), che trascorse gran parte della sua vita in Italia, ripercorrendo in versi la storia del nostro Trentino con i suoi popoli, personaggi, artisti e poeti che nei loro carmi hanno ricordato il nostro territorio.
Il vate cieco Omero nel “Cantami, o diva…”, proemio dell’Iliade, e Dante, ricordato da Claudio in uno dei Cantos, hanno iniziato le loro opere immortali con l’invocazione alle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine, la dea della memoria.
Nei racconti di fantasia della mitologia greca si narra che Zeus se la spassò per 9 notti d’amore con Mnemosine e dopo 9 mesi nacquero le 9 Muse, tra le quali Calliope, «colei che ha una bella voce», la protettrice della poesia epica e dell’elegia. Anche Claudio nel suo primo Canto invoca la “Musa gentile ed amica” chiedendole di benedire il suo viaggio sulla via della conoscenza.
Il Canto più lungo con ben 101 versetti è dedicato a san Vigilio, protettore di Trento, e ai tre martiri anauniensi Sisinio, Martirio e Alessandro che portarono la Buona Novella tra le nostre montagne.
Tra i personaggi storici rivivono nei Cantos la regina Teodolinda, il vescovo Federico Wanga, Rodolfo Belenzani, il cardinale Bernardo Clesio che preparò Trento al Concilio inaugurato dal suo successore Cristoforo Madruzzo, Maria Teresa d’Austria, Tommaso Maier, Napoleone, Francesco Giuseppe, Paolo Oss Mazzurana, Cesare Battisti, Alcide Degasperi, padre Salvatore Piatti.
Nel canto dal titolo latino Galeas per montes è menzionata l’impresa realizzata tra il dicembre 1438 e l’aprile 1439 della Repubblica di Venezia che riuscì a spostare una flotta formata da galee, fregate e imbarcazioni varie dal mare Adriatico al lago di Garda, risalendo il fiume Adige fino a Rovereto e trasportando poi le navi via terra fino a Torbole superando il passo San Giovanni.
Oltre al già citato Dante Alighieri, Claudio rende un omaggio poetico a Johann Wolfgang von Goethe, a Franz Kafka, a Ezra Pound, al pittore boemo del ciclo dei mesi della torre dell’aquila al castello del Buonconsiglio, al pittore Simone Baschenis, alle chiesette sperdute affrescate e ai dipintori trentini. I Cantos del poeta “Mocheno bianco di Canezza” rievocano la guerra rustica, i processi alle streghe di Nogaredo e di altre zone del Trentino, le fiabesche Zubiane e ricordano anche gli anonimi, le donne trentine, la grande guerra, l’acqua ritenuta da Talete il principio di ogni cosa, la neve, le Dolomiti, la valle dell’Adige, i Bacini montani, il progresso e persino la perifericità. Nelle 41 composizioni di questi Cantos della Terra di Trento l’animo poetico di Claudio rivela un messaggio rivolto al prossimo, una condivisione di cultura che aiuta il nostro cervello a mantenere prestanza e lucidità.
A proposito del cervello qualcuno ha detto: “O lo usi o lo perdi!” e anche la poesia, come ogni altra forma di espressione letteraria, è un ottimo ricostituente per mantenere il nostro cervello attivo.
Nella raccolta poetica ai Cantos seguono 134 altre creazioni quasi tutte inedite che Claudio ha condiviso finora solo con alcuni amici e che finalmente ha deciso di compartecipare a un più vasto pubblico. Nei suoi carmi il poeta si paragona a una cicala che canta e si concede persino un rap di numeri per settant’anni di vita dove conclude di «aver comunque vissuto con l’intento di amare».
Ha battezzato Giovanni un «ragnetto dalle lunghe zampe sottili» che ha abitato nella sua cucina. E ci sono i luoghi da lui visitati: Germania, Francia, Sicilia, Venezia, e poi il nostro castello, l’amata Fersina, il coronavirus, le poesie con l’amore e il tormento, la rimeria dedicata alla sua Canezza, la solitudine, la vecchiaia. E verso la fine con 7 suoi poemi ci ricorda i 7 vizi capitali puniti per l’eternità nell’Inferno e che nel Purgatorio trovano rimedio per salire al Paradiso, secondo la “Divina Commedia”: accidia, avarizia, gola, invidia, ira, lussuria e superbia. Conclude la raccolta la finale autobiografia dove in 7 punti riassume se stesso.
Come immagine di copertina Claudio ha scelto “Il poeta povero”, il quadro più famoso del pittore tedesco Karl Spitzweg (1808-1885). Ma la sua poesia è tutt’altro che povera!
Buona lettura e soprattutto meditazione!