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Come funzionano le previsioni del tempo?





di Giampaolo Rizzonelli


Molti lettori con età superiore ai 50 anni associano spesso le previsioni del tempo ad alcuni volti noti delle prime trasmissioni televisive che si occupavano di meteorologia, primo fra tutti il colonello Edmondo Bernacca (poi promosso generale), oppure ad Andrea Baroni o Guido Caroselli. Sono passati molti anni e la meteorologia è diventata anche un “business”, ma sono cambiati anche i metodi per fare previsioni del tempo. Come funzionano le previsioni del tempo?

Facciamo prima un passo indietro nella storia. Già i filosofi greci facevano dei tentativi di previsione del tempo, ma molte di queste erano sbagliate. Ad esempio, Aristotele non credeva che il vento fosse aria in movimento. Lo studio scientifico della meteorologia quindi non si sviluppò finché non furono disponibili gli strumenti di misurazione.


Il suo inizio è comunemente associato all'invenzione del barometro a mercurio di Torricelli, a metà del XVII secolo e l’invenzione quasi contemporanea dei primi termometri.

Una serie di risultati notevoli da parte di chimici e fisici dei secoli XVII e XVIII ha contribuito in modo significativo alla ricerca meteorologica. 

La formulazione delle leggi della pressione, della temperatura e della densità dei gas, così come la formulazione della dottrina del calore latente, sono solo alcune delle principali scoperte scientifiche dell'epoca che permisero di misurare e comprendere meglio aspetti dell'atmosfera fino ad allora sconosciuti. 

Una delle rivoluzioni fu quella della sinottica, una persona attenta che ha imparato i segni della natura può interpretare l'aspetto del cielo, del vento e di altri effetti locali e fare previsioni, uno scienziato può utilizzare gli strumenti presenti in un unico luogo per farlo in modo ancora più efficace. 


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L’approccio moderno alle previsioni meteorologiche, tuttavia, può essere realizzato solo quando molte di queste osservazioni vengono scambiate rapidamente da esperti in varie stazioni meteorologiche e inserite in una mappa meteorologica sinottica per rappresentare i modelli di pressione, vento, temperatura, nuvole e precipitazioni in un dato momento. 

Uno scambio così rapido di dati meteorologici è diventato possibile con lo sviluppo dell’elettricità e del telegrafo

La produzione di mappe meteorologiche sinottiche divenne possibile dopo che furono organizzate reti di stazioni per effettuare misurazioni e trasmetterle a un osservatorio centrale. 

Il primo servizio meteorologico nazionale negli Stati Uniti iniziò ad operare nel 1871, nei decenni successivi furono istituiti servizi meteorologici nazionali in paesi come Giappone, India e Brasile


Nel 1880 venne fondata l’Organizzazione meteorologica internazionale (IMO) per poter cooperare fra vari paesi in questo settore. La proliferazione di reti di stazioni meteorologiche collegate via telegrafia rese le previsioni sinottiche una realtà entro la fine del XIX secolo.

Tuttavia, le previsioni meteorologiche giornaliere generate lasciavano molto a desiderare, i frequenti errori nella stima dei modelli di pressione atmosferica superficiale indussero i meteorologi del XIX secolo a cercare informazioni sull'atmosfera, fu così che con dei palloni sonda già nel 1860 si “indagava” sui parametri meteorologici dell’atmosfera. 

Dai primi palloni sonda che contenevano gli strumenti meteorologici si è poi passati negli anni trenta a sistemi di trasmissione dei dati via radio. 

Queste radiosonde diedero origine alle reti di osservazione dell'aria che esistono ancora oggi.


 Circa 75 stazioni negli Stati Uniti e più di 500 in tutto il mondo rilasciano, due volte al giorno, palloncini che raggiungono altezze di 30 mila metri o più che rilevano e trasmettono dati meteorologici via onde radio a varie pressioni/altitudini.

Come in molti campi di attività, la previsione del tempo ha conosciuto diversi progressi durante e immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando si iniziarono ad utilizzare radar a microonde anche a scopi meteorologici (in precedenza utilizzati per monitorare gli aerei nemici), ma la svolta nelle misurazioni meteorologiche si ebbe con il lancio del primo satellite meteorologico, il TIROS da parte degli Stati Uniti il 1 aprile 1960. 

Le previsioni a medio termine che fornissero informazioni da cinque a sette giorni in anticipo erano impossibili prima che i satelliti iniziassero a rendere disponibili in tempo reale le osservazioni globali. 

I modelli di previsione globale sviluppati presso il Centro nazionale statunitense per la ricerca atmosferica (NCAR), il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF) e il Centro meteorologico nazionale statunitense (NMC) sono diventati lo standard durante gli anni '80, rendendo le previsioni a medio termine una realtà. 

Si è passati quindi ai modelli numerici fisico matematici. Il metodo è strettamente correlato all'approccio sinottico spiegato all’inizio dell’articolo.

I dati vengono raccolti rapidamente da un sistema di telecomunicazioni globale per specificare le condizioni iniziali. 

Le equazioni del modello vengono quindi risolte per vari segmenti della mappa meteorologica, spesso una mappa globale, per calcolare quanto si prevede che le condizioni cambino in un dato tempo; con tali modifiche aggiunte alle condizioni iniziali, vengono generate nuove mappe per prevedere il tempo futuro a vari intervalli. Uno di questi super computer si trova da qualche anno a Bologna. Qui ogni giorno il computer elabora 800 milioni di osservazioni in arrivo da satelliti, boe marine, aerei, navi, palloni sonda e sensori vari per scattare la fotografia più precisa possibile delle condizioni meteo sul pianeta e grazie a un modello matematico composto da milioni di linee di codice, arriva a comporre fino a 3 mila carte diverse con previsioni a corto, medio e lungo termine.

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