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Immagine del redattoreil Cinque

PERGINE. Quel lungo viale che unisce le due chiese



Cartolina con Piazza Fiera, la Filanda Chimelli, gli ippocastani e l’edificio dei Canopi




di LINO BEBER

Il lungo viale alberato d’ippocastani e tigli porta il nome di viale degli Alpini con la vicina piazza Garibaldi, un tempo chiamata piazza Fiera perché qui avvenivano le grandi fiere.

Alla destra del viale si trovano la Filanda (prima Chimelli e poi Gavazzi), ora sede di uffici comprensoriali e comunali, il nuovo teatro comunale inaugurato nel 2013 e la nuova biblioteca di fresca realizzazione che attende ora di essere arredata prima dell’inaugurazione. La biblioteca sorge nel luogo dove c’era il Supercinema gestito per lunghi anni dalla famiglia Andreatta “Paroloti”. Negli spazi sotterranei del Teatro si trova il museo della scuola dedicato a don Francesco Tecini (1797-1853) e l’ampia sala che porta il nome del pittore perginese Raffaele Fanton (1924-2003) per mostre e incontri culturali

La famiglia Chimelli fece edificare nel 1832 la filanda nel tempo record di 100 giorni.

Seguono edifici con esercizi commerciali e abitazioni fino all’incrocio con via G.Battista Chimelli, poi la casa della famiglia Oss Emer davanti alla quale si apre piazza Santa Maria di fronte alla Pieve dedicata alla sua natività.

Alla sinistra del viale, di fronte alla chiesa dei Padri Francescani, si trova piazza san Francesco, dedicata al santo di Assisi patrono d’Italia e all’angolo destro della chiesa è collocato il monumento, opera dell’artista trentino Eraldo Fozzer (1912-1995), in memoria dei caduti delle due grandi guerre.

Segue l’asilo G. Battista Chimelli, inaugurato il 24 giugno 1896 e costruito in un solo anno e donato alla comunità dalla famiglia Chimelli. Tra l’asilo e il giardino dei “Canopi” nasce il viale Guido Petri in ricordo di Guido (Serso 1895-1916), studente di medicina all’Università di Roma che, allo scoppio della Prima guerra mondiale, si arruolò in fanteria partecipando ai fatti d’arme di Col di Lana e quindi da ufficiale in prima linea sul medio Isonzo.


Nella primavera del 1916 fu accolta la sua domanda di trasferirsi negli alpini e raggiunse prima in Carnia il battaglione Val Tagliamento per passare poi in giugno al battaglione Tolmezzo sul Pal Grande. La notte fra il 19 e 20 settembre 1916, durante un improvviso attacco avversario, fu colpito a morte da un proiettile.

Nel giardino detto “dei Canopi” lo scultore Gino Lunz, figlio dell’artista scultore Bruno (1924-2012), ha scolpito il tronco di un cedro raffigurando il lavoro dei minatori. Annesso alla casa dei Canopi nel 1921 era stato inaugurato l’edificio delle piccole terme perginesi dove con carro e cavallo veniva portata l’acqua arsenical-ferruginosa dalla sorgente di Sant’Orsola. L‘edificio crollò e ora rimane l’edificio dei Canopi, un tempo adibito a birreria e trattoria e poi a sede del dopolavoro. Ora è sede di associazioni (pensionati, AUSER, La Cometa) e attende di essere restaurato.

Dopo l’edificio dei Canopi nasce via dei Canopi, che collega il viale degli Alpini con viale Marconi. Dove un tempo c’era il “foro boario”, destinato al commercio soprattutto di mucche e maiali, ora sorge un parcheggio anche interrato prima del grande cimitero.Un tempo nella prima sezione cimiteriale venivano sepolti i defunti dell’ospedale psichiatrico, ora tutte due le sezioni accolgono nel riposo eterno tutti i nostri cari defunti senza distinzione.


Funebri folli

Il lungo viale alberato è ricordato anche nel carme “Funebri folli” scritto nel 1971 su un ricettario, com’era solito fare, del dentista dottor Luciano Beber (1924-1970) che ricorda il funerale di un degente del manicomio.


Fuor dalla nebbia vidi uscire piano

nel dì della vigilia di Natale

grigi mantelli e un logoro pastrano

buttati su dei pazzi lungo il viale

che ancora serba le sue fronde antiche

in questo borgo, di funesta scure

sole sottratte dalle rie fatiche,

serbate alle comuni nostre cure.

Venivan dal vicino camposanto,

però mancava un’ombra fra di loro

ch’avevano scortato senza pianto

al regno della pace e del ristoro.

Vagavano con passi incerti e vani,

bianchi i calzari, libere le menti,

vuoti i lori cuori dagli affetti umani

guardati dai guardiani come armenti.


Luciano, Pergine 24 dicembre 1971



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