di ARMANDO MUNAO'
Vi ricordate? Era il 1951 quando dal salone delle feste del Casinò di Sanremo, con il saluto in diretta radiofonica dello storico conduttore Nunzio Filogamo agli «amici vicini e lontani», iniziò la prima edizione del festival che si svolse dal 29 al 31 gennaio.
E da allora, e per tutti, è sempre stato il Festival della canzone italiana, un qualcosa di “nazional popolare”, che ancora oggi è seguito, alla radio e alla televisione, da milioni di italiani.
Le canzoni di allora, sin dalle prime edizioni, facevano parte di quella particolare tradizione italiana dove la bella e piacevole musica e le tantissime parole d'amore erano le caratteristiche principali che accomunavano gli spettatori, gli autori dei testi e i cantanti che, con la loro melodica voce, le interpretavano.
In quella prima edizione Nilla Pizzi, Achille Togliani, e il Duo Fasano, furono gli unici interpreti delle venti canzoni che, nel rispetto del regolamento, dovevano essere composte da autori italiani con testi in lingua italiana, o nei vari dialetti regionali e mai eseguiti pubblicamente in precedenza.
Vinse Grazie dei fiori, interpretata da Nilla Pizzi: la canzone era stata composta dal maestro Saverio Seracini poco tempo dopo essere divenuto improvvisamente cieco.
Per la cronaca e per i documenti storici di allora, il primo Festival Canoro Nazionale non fu organizzato a Sanremo bensì in un locale storico della Versilia, La Capannina nei primi anni del secondo dopoguerra.
L'iniziativa fu replicata anche l'anno seguente, ma nel 1950 fu cancellata per questioni economiche.
Altri documenti storici ci dicono che un prototipo del Festival di Sanremo risale addirittura al 1931, quando nel comune rivierasco si tenne una manifestazione analoga con canzoni napoletane.
Il 15 agosto 1936 fu invece Rimini a ospitare un Festival della canzone italiana trasmesso alla radio e replicato poi nel 1937 e nel 1947. In questa edizione la giuria, dopo una lunga selezione ammise 17 canzoni, sulle 129 che si presentarono, definendole «meritevoli di essere eseguite».
E altra manifestazione, antesignana del Festival, si tenne a Viareggio nel 1948 e nel 1949, ma non ebbe alcun seguito.
Fino al 1954 il Festival si poteva solamente ascoltare via radio, poi, dal 1955, vi fu l’avvento della televisione.
Nel corso degli anni e con il tempo la kermesse sanremese ha seguito, e forse ha anche subìto, l'evoluzione e i costumi della società italiana tant'è che negli anni '60 e '70 iniziarono ad affermarsi nuovi generi musicali, nuovi testi e brani molto più leggeri.
E in quegli anni comparse, per la prima volta, una nuova categoria di cantanti: i famosi “urlatori” di cui Mina, Celentano, Little Tony, Tony Dallara che, insieme a tanti altri, furono la più alta espressione e i rappresentanti più significativi.
Questi avvenimenti determinarono, negli anni immediatamente successivi, un cambiamento epocale nelle regole del mercato discografico italiano grazie al coinvolgimento di fasce d'età sempre più giovani.
Alcuni anni dopo fecero anche capolino le prime canzoni che mettevano in evidenza temi sociali che non di rado facevano parte del nostro quotidiano vivere.
Quindi non più solo amore, sentimenti di coppia e melodia, ma nuove parole, nuovi testi, nuove musiche e un diverso modo di intendere e interpretare la gara sanremese.
E il Festival, insieme a quella trasformazione musicale, nel tempo e con il tempo, e sempre di più, non solo si caratterizzò per la presenza di cantanti e personaggi di rilevanza internazionale, ma anche per un certo tipo di spettacolo mirato a rendere più accattivante l'immagine del Festival.
Purtroppo, in questi ultimi anni, la competizione canora è via via cambiata presentando agli spettatori “vicini e lontani”, una diversa manifestazione, disegnando e proponendo un qualcosa che seppur in grado di attrarre l'attenzione degli italiani, ha in parte snaturato quella che era la sua essenza originaria e la sua denominazione di Festival della canzone italiana.
Sempre di più, infatti, con il decorrere degli anni, abbiamo assistito e ancora assistiamo ad uno spettacolo dalla diversa fisionomia, dove le canzoni sembrano non essere più l'elemento portante, ma uno degli ingredienti di quel “particolare” cocktail che unisce e mescola note musicali a discorsi e argomenti, anche dal contenuto socio-politico, da parte di questo o quel personaggio-ospite, non di rado con velate o evidenti contestazioni.
In queste ultime edizioni, fateci caso, gli elementi accentratori del Festival, non sono state le canzoni con i loro contenuti bensì i cantanti, con la loro personalità, la loro esibizione e il loro modo di porsi e presentarsi al pubblico, a volte con comportamenti o atteggiamenti decisamente stravaganti che poco o nulla hanno a che fare con l'atmosfera canora. Per non parlare dei loro vistosi, eccentrici e discutibili abbigliamenti o dei particolari look, più o meno audaci, tali da calamitare maggiore interesse e più attenzione da parte degli spettatori rispetto ai testi e alle musiche.
E cosa dire delle provocazioni più o meno marcate che nei vari anni hanno movimentato lo spettacolo sanremese.
E di questi esempi, per citarne alcuni, ne abbiamo visti tantissimi.
Nel 1980 il centralino dell'Ariston fu subissato di telefonate e ferocissime critiche da una Italia scandalizzata, quando Roberto Benigni diede del “Wojtilaccio” a papa Giovanni Paolo II.
A Sanremo 1986 Loredana Bertè fece grande scandalo e creò polemiche senza fine perché si presentò sul palco con un finto pancione.
Al Festival del 2009 il cantante Povia ha presentato la canzone “Luca era gay”, che si riferiva ad un omosessuale che diventerà poi etero con una evidente e marcata terapia di conversione. Un testo che ha creato enorme scompiglio e urlate contestazioni in tutta la comunità LGBT, che ha considerato il brano discriminatorio e gravemente offensivo della loro dignità.
Nell'edizione del 2010 tutta l'orchestra di Sanremo, al grido di "vergogna...vergogna", ha protestato vigorosamente lanciando in aria gli spartiti perché non fu d'accordo sul nome degli esclusi e dei finalisti comunicati da Antonella Clerici. L'esito del televoto, a loro dire, ribaltava il giudizio dei maestri musicisti.
Il Sanremo del 2012 è ricordato per la “farfallina” di Belen, l'audace tatuaggio che fece capolino all'interno della coscia della soubrette.
Nel 2013 il pubblico ha urlato, ha protestato, e subissato di fischi Maurizio Crozza per la sua satira contro Berlusconi.
Morgan e Bugo, con la loro furiosa lite, caratterizzarono l'edizione del 2020. La loro canzone “Sincero” venne poi squalificata.
Achille Lauro aprì l'edizione del 2022 auto-battezzandosi sul palco del teatro con una coppetta di acqua e con un look molto, ma molto discutibile perché era composto da pantaloni attillatissimi e con il petto e i piedi nudi. Una esibizione che creò molto sconcerto tra gli spettatori.
E vi ricordate il bacio tra Rosa Chemical (pseudonimo del rapper e cantautore italiano Manuel Franco Rocati) e Fedez nel 2023? Chemical, durante la sua esibizione si è avvicinato a Fedez che era seduto in platea, e ha iniziato a mimare un amplesso. Poi, al termine della canzone, lo ha baciato appassionatamente sulla bocca. Due particolari momenti che lasciarono esterrefatti tutti gli spettatori, ma soprattutto Chiara Ferragni, moglie di Fedez.
Alla luce di questi avvenimenti, che hanno etichettato i precedenti Festival, alcune domande, quindi, potrebbero essere lecite e giustificate: come sarà l'edizione 2024?
E che contenuti avranno i testi delle canzoni? E i cantanti come si presenteranno sul palco? E gli ospiti? Anche quest'anno dovremo sorbirci qualche sermone politico-sociale? Risposte non facili da dare.
E a proposito di partecipazioni e di testi, la possibile presenza di un trio, che in passato ha quasi sempre cantato, con frasi a volte anche violente, temi quali droga, sesso, misoginia e quant'altro, ha già innescato, ancor prima dell'inizio di Sanremo, una fortissima polemica e una denuncia da parte dell'Adiconsum e dell’Associazione Utenti dei servizi Radiotelevisivi che, ritenendo alcune delle loro precedenti canzoni gravemente offensive nei confronti delle donne, hanno chiesto alla Rai e ad Amadeus la loro esclusione dal Festival 2024. Come andrà a finire? Al momento non è dato sapere.
Siamo invece tutti d'accordo nel sottolineare che il Festival è indubbiamente una delle trasmissioni televisive più seguite nel nostro paese, ma a mio modestissimo avviso lo sarebbe, e forse ancora di più, se in un prossimo, ma quanto mai vicino futuro, potesse ritornare alla sua originaria essenza riappropriandosi di quella insegna di “Festival della canzone italiana”, lasciando fuori dall'Ariston tutto ciò che io ritengo mero esibizionismo o “superfluo”, con annessi e connessi, e invitare, invece, come ospite fisso, solo e solamente la buona e bella musica italiana.