di GIANCARLO ORSINGHER
Al via il progetto della "Rete di Riserve del fiume Brenta" per reintrodurre il gambero di fiume nelle acque della Valsugana. L'operazione sarà condotta da Maria Cristina Bruno, ricercatrice della Fondazione E. Mach di San Michele all'Adige, all'interno della Palude di Roncegno Terme...
In passato molto diffuso in tutta l’Europa occidentale, il gambero di fiume europeo (Austropotamobius pallipes) nel corso degli ultimi 50 anni anche in Trentino ha subìto una drastica riduzione dell’areale di distribuzione.
È il crostaceo autoctono più grande presente nei corsi d’acqua e nei laghi della nostra provincia, fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi acquatici. Vive in fiumi, torrenti, ruscelli, fossi, laghi e stagni, dal fondovalle fino ai 1.500 metri di quota, prediligendo luoghi ricchi di massi, ciottoli, radici e detrito vegetale in grado di offrirgli rifugio nelle varie fasi del suo ciclo vitale.
La specie presenta attualmente un tasso di estinzione molto elevato a livello nazionale ed europeo e la Direttiva UE “Habitat” – lo strumento legislativo principe per la conservazione della biodiversità nel territorio dell’Unione Europea – lo elenca tra le specie ad elevata priorità di conservazione in quanto ha subìto nel corso degli ultimi dieci anni una riduzione superiore al 50% dovuta al declino degli habitat disponibili, all’inquinamento, all’introduzione di specie alloctone e di parassiti e all’eccessivo prelievo di individui, fino a non molto tempo fa catturati a fini culinari.
Senza interventi specifici volti alla riduzione delle minacce e all’incremento delle popolazioni, esiste la concreta possibilità della sua estinzione nel medio-breve termine.
I DATI IN VALSUGANA
I dati ci dicono che anche per quanto riguarda la Valsugana la situazione non è rosea: l’A. pallipes è stato censito in sole dodici delle 56 stazioni monitorate dalla Fondazione E. Mach (FEM) negli ultimi cinque anni nei bacini del Brenta e del Fersina.
Risulta estinto, ad esempio, nel Rio Vena (all’interno della riserva naturale di Inghiaie a Levico Terme) dove era presente fino al 2011, nel Rio Resenzuola a Grigno dove i dati storici ci dicono che era presente fino al 1995 e nei canali e negli stagni della riserva naturale del Fontanazzo, ancora a Grigno, dove lo si trovava sicuramente fino al 2006. Da queste premesse è nato il progetto della Rete di Riserve del fiume Brenta volto a reintrodurre questo importante crostaceo almeno in una nuova area, individuata sulla base di dati scientifici.
Ad occuparsi di questo tentativo è Maria Cristina Bruno, ricercatrice della FEM che sta seguendo anche il lavoro di contenimento delle specie aliene di gamberi presenti nel territorio e che nelle settimane scorse, assieme al presidente della Rete di Riserve Enrico Galvan e a Marcello Scutari del Servizio Aree protette della Provincia autonoma di Trento, ha presentato a Borgo Valsugana in un incontro pubblico il “Piano per la reintroduzione del gambero di fiume”.
CHE COSA È STATO FATTO FINORA?
La prima fase ha riguardato l’individuazione della potenziale popolazione “donatrice” di gamberi di fiume europei, dalla quale prevedere di prelevarne un certo numero da destinare al ripopolamento.
Fra le poche popolazioni ancora presenti in Valsugana la scelta è caduta su quella presente da tempo nel Rio Laguna di Grigno e nello stagno artificiale da questo alimentato; si tratta di una popolazione in ottima salute sia dal punto di vista numerico che, aspetto fondamentale, dal punto di vista sanitario, essendo risultata indenne da qualsiasi malattia e quindi non a rischio di trasmissione di patologie in altre zone. A questo riguardo è opportuno ricordare che il gambero di fiume europeo può essere portatore della “peste del gambero” e della “malattia della porcellana”.
Individuata la popolazione donatrice si doveva trovare una zona adatta dove provare a traslocare i gamberi e una serie di considerazioni tecniche hanno fatto ricadere la scelta sulla riserva “Palude di Roncegno”, il biotopo che si estende su circa 20 ettari al confine fra i territori di Borgo Valsugana e Roncegno Terme, caratterizzato da una grande abbondanza di corsi d’acqua, stagni e laghetti che lo rendono ideale per accogliere i gamberi di fiume, con la possibilità che in futuro la popolazione del crostaceo si espanda autonomamente risalendo ad esempio parte del rio Chiavona.
I PROSSIMI PASSI
Ora è arrivato il momento di entrare nel vivo e nel corso del mese di ottobre si passerà alla fase operativa che prevede la raccolta dal rio Laguna di una ventina di gamberi maschi e indicativamente del doppio di femmine. Questo è il rapporto numerico ideale per assicurare il massimo successo della reintroduzione; il numero complessivo di individui prelevati, pari a circa il 10% del totale della popolazione donatrice, è inoltre tale da non creare alcun problema a quest’ultima.
I gamberi prelevati verranno immediatamente rilasciati all’interno della Palude di Roncegno Terme distribuendoli in un tratto di qualche decina di metri, in zone di acqua relativamente ferma, permettendo così la dispersione naturale degli individui.
E DOPO?
Il lavoro non finisce però qui. Intanto perché la traslocazione di gamberi dal rio Laguna alla Palude di Roncegno si ripeterà per altri due anni e poi perché si renderà necessario il monitoraggio della situazione per almeno cinque anni per stimarne la consistenza, verificarne lo stato sanitario e valutare la qualità dell’ambiente.
Il successo dell’intervento potrà essere accertato a partire dall’anno successivo alla prima traslocazione: se alla conclusione del ciclo riproduttivo nella nuova area verranno individuati i cosiddetti “giovani 0+”, cioè i piccoli gamberi nati l’anno precedente, vorrà dire che la reintroduzione del gambero di fiume nella Palude di Roncegno Terme avrà avuto successo.